Meglio liberi by Di Battista Alessandro

Meglio liberi by Di Battista Alessandro

autore:Di Battista, Alessandro
La lingua: ita
Format: epub
editore: Rizzoli
pubblicato: 2017-01-22T16:00:00+00:00


Fuori dalla Camera arrivarono migliaia di persone infuriate. Sui social iniziò a girare una foto in aula di Bersani che abbracciava Alfano e quell’immagine, emblema degli osceni compromessi e degli indicibili accordi, fece scatenare i cittadini in piazza.

Ricordo che un funzionario di polizia mi chiese di calmare la folla. Io ero appena entrato in Parlamento ed ero in difficoltà. Da un lato, mai e poi mai avrei voluto che scoppiassero incidenti, ma dentro al mio cuore, non posso negarlo, sognavo che i cittadini entrassero alla Camera per prendersi quella rivincita che forse, come popolo italiano, non ci siamo mai presi. Ci guardammo con i colleghi e senza aver neppure tempo di pensare scegliemmo la strada della nonviolenza.

Io credo alla nonviolenza, credo che sia l’atteggiamento più etico e alla lunga il più produttivo. Il problema è che alla lunga ci si può stancare di lottare, alla lunga i diritti continuiamo a perderli, alla lunga i potenti continuano a spadroneggiare, alla lunga si muore di mafia, povertà, voto di scambio e depressione.

Il 22 aprile 2013, due giorni dopo, durante il discorso di reinsediamento, tutti quei parlamentari che poche ore prima avevano visto la loro morte politica avvicinarsi a passi da gigante si spellavano le mani a ogni parola pronunciata da Napolitano. Io ero seduto di fianco a Paola Taverna. Lei mi diceva che le stava venendo voglia di vomitare. Un Paese intero aveva chiesto un forte cambiamento, sia con il voto alle elezioni politiche del febbraio precedente sia con l’invasione delle piazze e delle strade intorno al Parlamento. E in risposta a una richiesta del genere, una richiesta sana, giusta, comprensibile, auspicabile, la partitocrazia aveva eletto il suo principale garante dimostrando, ancora una volta, che del volere del popolo non gli importava nulla.

Io avevo il fegato che mi stava scoppiando. Ma non persi la speranza, non persi minimamente la voglia di lottare. Ero appena entrato in Parlamento del resto e le ingiustizie di quei giorni mi diedero grandi stimoli. Solo che pensai, già allora, che in quel Palazzo ci sarei voluto stare il minimo indispensabile.

Vedere Alessandra Moretti, che due giorni prima avevo addirittura provato a consolare mentre piangeva, guardarci con aria di sfida mentre applaudiva – lei che voleva smacchiare il giaguaro – chi avrebbe sancito il governo Pd-Berlusconi, mi fece capire che in politica mantenersi puri è la sfida più grande. Alla Moretti non interessava chi fosse il presidente della Repubblica. Per me temeva che altri giorni di impasse, come avvenuto successivamente in Spagna nel 2016, ci avrebbero portato a nuove immediate elezioni politiche e con Bersani caduto, lei che allora era una convinta bersaniana – poi convertitasi al renzismo come altri innumerevoli ipocriti – non sarebbe più potuta rientrare nel tanto agognato Parlamento.

In aula dai banchi del Pd gridavano «Buffoni, buffoni» verso di noi. La Moretti ci guardava in cagnesco, come se stesse pensando: «Eravate vicini ci stavate distruggendo con Rodotà e invece avete perso».

Aveva perso il Paese, non noi, ma per qualcuno, e questo mi inorgoglisce, evidentemente gli interessi dei cittadini coincidono con quelli del Movimento 5 Stelle.



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